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Adnkronos, 22 settembre 2010

“Che ci faccio io qui” è stato il titolo della mostra sulla condizione dei bambini nelle carceri italiane organizzata dall’associazione di volontariato “A Roma, insieme”, che ha avuto un ruolo importante per sensibilizzare la città sul tema di tutte le mamme detenute che vivono tra le mura di un penitenziario insieme ai loro bambini. Dall’esperienza di quella mostra nasce l’incontro che si è svolto oggi nella Sala della Pace di Palazzo Valentini: “Nessun bambino varchi più la soglia di un carcere”. Lo afferma in una nota Claudio Cecchini, assessore alle Politiche sociali e della Famiglia della Provincia di Roma.
“Essere al fianco di queste associazioni - sottolinea - è un preciso dovere istituzionale: è difficile trovare tracce di giustizia nella reclusione di bambini che non hanno nessuna colpa, e non possono rispondere dei reati commessi dalle mamme”.
“È necessario, prima di tutto nell’interesse dei minori - continua Cecchini - arrivare a una soluzione che consenta ai bambini di rimanere lontani dal carcere, pur senza sollevare le mamme dalla loro pena. Il Parlamento sta discutendo la proposta di legge a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori: l’incontro di oggi può essere l’occasione giusta perché in quella sede arrivino le proposte e i suggerimenti delle associazioni, che con i loro volontari lavorano ogni giorno dentro le carceri e conoscono da vicino la situazione”.
“Se da una parte è inevitabile che la legge, nel caso delle donne che hanno commesso reati molto gravi - prosegue Cecchini - punti sul ricorso agli istituti a custodia attenuata per madri, vere e proprie succursali del carcere sotto la diretta responsabilità dell’amministrazione penitenziaria credo che il contributo più importante potranno darlo le case famiglia protette: gestite dalle associazioni sotto la responsabilità degli enti locali, in cui le donne possano scontare la pena in un ambiente rigorosamente a misura dei loro bambini”. “Si potrà fare in modo che a garantire la sicurezza siano le Prefettura, in accordo con la magistratura di sorveglianza e con le direzioni delle carceri coinvolte - conclude Cecchini - e si potrebbe ricorrere a tutte le soluzioni di sorveglianza ‘a basso impattò per i bambini, come la video e la telesorveglianza”.