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Il Tirreno, 31 agosto 2010

Tensione altissima nel carcere delle Sughere. Sabato pomeriggio 24 detenuti marocchini hanno ritardato di oltre mezzora il rientro nelle celle dopo il passeggio. Una protesta infuocata che gli agenti della polizia penitenziaria sono riusciti a domare non senza difficoltà. All’origine del “sit-in” un episodio di violenza successo il giorno prima. In base a quanto appreso, un albanese aveva picchiato un marocchino e secondo i detenuti la polizia non aveva fatto giustizia.
Verso le 15, il gruppo di detenuti fa la passeggiata pomeridiana. Tuttavia, quando arriva il momento di rientrare, i marocchini fanno presente agli agenti che non hanno alcuna intenzione di tornare in cella. In quel momento i poliziotti addetti all’accompagnamento sono due e di certo da soli non possono domare la protesta di 24 persone, che per di più sembrano piuttosto agitati. Il loro disagio deriva da un episodio successo il giorno prima.
“Un nostro amico marocchino è stato massacrato di botte e voi non avete fatto nulla”. Questa l’accusa mossa dai detenuti agli agenti. I marocchini hanno visto il loro connazionale ferito. E non hanno digerito l’atteggiamento aggressivo dell’altro detenuto. Solo che se la sono presa con gli agenti della penitenziaria. In realtà, in base a quanto appreso, pare che a scatenare la lite tra i due contendenti sia stato un episodio legato alla gelosia. Una parente dell’albanese all’ora dei colloqui era entrata in carcere con altri familiari, passando davanti al campo sportivo. Da qualche mese, da quando sono in corso i lavori di ristrutturazione di un’ala delle Sughere, la sala incontri tra detenuti e parenti è stata spostata.
E i familiari per raggiungerla devono passare davanti al campo sportivo. Lì nel campo si trovava marocchino che, alla vista della giovane albanese, avrebbe fatto un apprezzamento. La cosa non sarebbe andata giù al marocchino, che avrebbe reagito in maniera violenta. Fatto sta che sabato il gruppo di marocchini non ne vuole sapere di rientrare in cella. Gli agenti cercano di spiegare ai detenuti che quell’atteggiamento è pericoloso e che così facendo vanno incontro a pesanti punizioni. Ma questi discorsi non sembrano scoraggiarli. Intanto i poliziotti, che da mesi sono in fortissima difficoltà per la carenza di personale, cercano di mettere insieme più forze possibili. E così il coordinatore di turno convoca gli agenti smontanti, quelli appena entrati e altri in servizio in altri punti dell’istituto. Alla fine vengono radunati 20 agenti. Di fronte al gruppo di poliziotti, i detenuti desistono e accettano di rientrare in cella. Tutti e 24 vengono denunciati per resistenza, sobillazione e violazione del regolamento. L’episodio, come sottolineano i sindacati della polizia penitenziaria, appare come sintomo del forte disagio che vivono i detenuti (ma anche gli agenti): le celle sono affollate, le condizioni igieniche e generali del carcere sono precarie, e non è chiaro quando finiranno i lavori in corso. In più, il carcere è spesso teatro di episodi di autolesionismo.