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La Sicilia, 29 agosto 2010

Duro intervento dell’associazione “Papillon” che si occupa della difesa dei diritti dei detenuti e degli ex detenuti di Caltanissetta e che protesta per il metodo seguito dai responsabili dei Servizi sociali del Comune nisseno.
“Un metodo che non terrebbe conto dei bisogni oggettivi delle persone indigenti che si rivolgono ai Servizi sociali - scrive il presidente dell’associazione Alfredo Maffi - e che finisce con il creare figli e figliastri”. E, a questo proposito, viene ricordato quanto è accaduto a due assistiti, Francesco Zappia e Giuseppe Rocca, che sono stati trattati in maniera diversa e addirittura minacciosa, tanto che quest’ultimo è poi finito in carcere.
“È davvero un modo vergognoso di trattare coloro i quali hanno bisogno dei Servizi sociali - sostiene Maffi - che a Caltanissetta ormai non tengono conto dei bisogno della gente e meno che mai degli ex detenuti, che, in base alle attuali normative, dopo che questi hanno espiato sia nei confronti dello Stato che della società la pena detentiva precedentemente inflitta invece di essere recuperato viene emarginato. Sino a qualche tempo fa al Municipio di Caltanissetta era stato avviato ed inaugurato dallo stesso vescovo uno sportello che si occupava dell’assistenza e dei bisogni degli ex detenuti: ora questo sportello è stato chiuso e non esiste più niente. Almeno prima qualcosa si faceva e si muoveva, la da un anno a questa parte non si muove niente e non si fa altro che parlare solo di trasparenza. Ma di quale trasparenza?”.
“Poi c’è un altro aspetto - continua il presidente dell’associazione Papillon - che vorrei sottolineare e ricordare anche al sindaco ed agli amministratori della giunta: quando si viene eletti da una popolazione occorre poi mantenere le promesse fatte in campagna elettorale. Ed invece questo a Caltanissetta non avviene. Non è certo un caso che da un anno ho chiesto di poter parlare al sindaco Michele Campisi per parlare dei problemi dell’associazione e che ancora oggi non sono stato convocato. Ad ogni buon fine va ricordato che la nostra associazione non ha mai chiuso i battenti ed ha continuato a svolgere la sua attività istituzionale al fine di far rispettare la dignità dell’uomo detenuto e di quanti sono finiti in carcere e poi ne sono usciti. Persone queste ultime che, in gran numero, hanno assolutamente bisogno di essere assistite, anche perché hanno difficoltà a trovare un lavoro e non sanno come sostenere le loro famiglie ed i loro figli”.