sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   
Redattore Sociale, 29 luglio 2010

L’intesa tocca i temi caldi: mamme con bambini, lavoro e visite. Nel Lazio sono almeno il 10% della popolazione carceraria. Marroni: “Il vero problema il cumulo dei reati che produce una quantità immensa di carcere”.
Un protocollo di intesa tra il garante dei diritti dei detenuti del Lazio, Angiolo Marroni, e il presidente dell’Opera Nomadi, Massimo Converso, per tutelare i diritti delle persone appartenenti alle minoranze rom e sinti detenute o in condizioni di disagio economico e sociale dopo la reclusione. Il protocollo, siglato questa mattina a Roma, stabilisce che l’Opera Nomadi segnalerà casi di violazione di diritti al garante, il quale si attiverà direttamente o si rivolgerà alle autorità competenti. Durante la conferenza stampa di presentazione del protocollo di intesa è emerso che rom, sinti e camminanti costituiscono almeno il 10% della popolazione carceraria nel Lazio, che la detenzione riguarda soprattutto le donne e che, come spiegato dal garante Marroni, “il problema vero non è la gravità dei reati, ma il cumulo dei reati che produce una quantità immensa di carcere”.
Al centro del protocollo firmato questa mattina alcuni dei temi più “caldi” legati alla detenzione di rom e sinti. Tra questi la reclusione delle donne con figli piccoli fino a tre anni, il problema delle visite ai congiunti e l’inserimento lavorativo di detenuti ed ex detenuti. Riguardo al primo aspetto, il garante e la regione Lazio stanno lavorando alla creazione dell’Istituto a custodia attenuata per le detenute madri (Icam), una struttura alternative al carcere che possa accogliere le detenute madri durante il periodo detentivo e
“far crescere i bambini in un ambiente idoneo allo sviluppo della personalità in una fase cruciale della crescita”. Il garante e l’Opera nomadi, inoltre, si impegnano a trovare, con le autorità competenti, una soluzione che consenta le visite in carcere fra coniugi rom, sinti e camminanti la cui unione “non è stata ancora formalizzata presso le istituzioni civili e religiose.” Sotto l’aspetto dell’occupazione, il garante si impegna ad attivarsi con il Prap e le direzioni degli istituti per favorire la realizzazione in carcere di uno
sportello socio-lavorativo e per sostenere una politica di inserimento lavorativo post pena per rom, sinti e camminanti di concerto con lo “Sportello lavoro rom/sinti”, creato in convenzione fra il comune di Roma e Opera nomadi, “anche nell’eventualità del godimento dei benefici relativo all’affidamento ai servizi sociali e alla semilibertà”. Il protocollo prevede, infine, l’istituzione di un tavolo tecnico che si riunirà periodicamente per valutare e promuovere iniziative congiunte sulla condizione dei rom e sinti detenuti e sulla solidarietà interculturale.
“Questo protocollo - ha detto Angiolo Marroni - è il punto di arrivo di un lungo lavoro di dialogo e concertazione sociale svolto in questi anni e servirà a garantire la tutela dei diritti delle minoranze nomadi in carcere. In questa fase critica del nostro sistema carcerario, caratterizzata da un peggioramento delle condizioni di vita nella celle, è importante attivarsi per dare vita a una rete di garanzia e di sostegno per queste persone. Uno degli aspetti cui tengo di più - ha precisato - è il lavoro che faremo per garantire soluzioni
alternative al carcere per le madri detenute con figli piccoli”. “Quella dei cittadini rom, sinti o camminanti - ha precisato il garante - è una detenzione particolarmente sofferente e soprattutto una detenzione che vede la forte prevalenza di donne, e quasi sempre di donne con bambini”. Una situazione, quest’ultima, che stando a quanto riferito dal Marroni riguarda anche il carcere minorile “dove ci sono ragazze rom con bambini”. Un ulteriore problema riguarda i bambini che hanno compiuto i tre anni e che vengono “tolti alle
mamme”. “Con l’associazioni A Roma Insieme siamo impegnati a trovare famiglie affidatarie, affinché i bambini possano restare a Roma e sia garantito il rapporto con le madri. Purtroppo - ha aggiunto - accade, ed è storia di questi giorni, che qualche mamma venga trasferita fuori dal Lazio mentre il bambino resta a Roma”. Una “situazione tragica” - ha detto il garante - “che tocca anche il ruolo della famiglia affidataria”. Quanto alla questione dell’inserimento lavorativo il garante ha detto: “Fuori c’è il problema del lavoro, il tempo del carcere può essere usato per la formazione professionale. Con questo protocollo - ha concluso - ci impegniamo affinché permanenza in carcere diventi un tempo utile”.
“Il lavoro è stato individuato dal protocollo come il primo antidoto alla devianza - ha dichiarato Massimo Converso, il presidente Opera Nomadi - nonché strumento principe per il reinserimento sociale dei detenuti. In tale ambito occorre valorizzare e sostenere competenze e abilità presenti all’interno di ogni comunità rom, sinti e camminanti. In particolare - ha aggiunto - le attività di rigatteria e mercatini del riciclo e riuso, la raccolta per il riciclo dei materiali ferrosi, l’arte di strada (musica, danza), le attività tipiche artigianali (rame, abbigliamento, lucidatura dei metalli, decorazioni), lo spettacolo viaggiante (giostre) e circense, la manutenzione ambientale, nonché attività di piccole riparazioni sartoriali, lavanderia e stireria di recente sviluppo che vedono finalmente le donne delle comunità rom, sinte e camminanti come protagoniste. Di pari passo - ha concluso Converso - vanno
superati i gap di scolarizzazione, formazione professionale, habitat, prevenzione sanitaria e diritto di cittadinanza con cui da sempre le comunità rom, sinti e camminanti convivono e si confrontano”.