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Il Velino, 8 luglio 2010

“L’allarmante situazione delle carceri italiane sta determinando in molti istituti penitenziari tensioni tra i detenuti e inevitabili problemi di sicurezza interna che ricadono sulle donne e gli uomini della Polizia penitenziaria, come purtroppo dimostrano gli eventi critici che con sempre maggiore frequenza si verificano ogni giorno nelle carceri italiane. La situazione rischia di degenerare, con più di 68mila detenuti stipati in celle idonee ad ospitarne 43mila, e non si può perdere ulteriore tempo, considerato anche che il Corpo di Polizia penitenziaria è carente di più di 5mila unita.
Bisogna anche trovare soluzioni concrete. Spero e mi auguro che il ‘via liberà dato oggi dall’Aula della Camera all’esame in sede legislativa del ddl Alfano che prevede la possibilità di scontare l’ultimo anno di pena ai domiciliari possa essere un primo passo per ripensare organicamente il sistema penitenziario del Paese”.
È la dichiarazione rilasciata da Danato Capece, segretario generale del sindacato autonomo di polizia penitenziaria (Sappe) in merito al via libera dato dalla Camera dei Deputati all’esame in commissione Giustizia in sede legislativa del ddl Alfano: “Come sindacato più rappresentativo del corpo di polizia penitenziaria abbiamo l’obbligo morale di perseguire un’attività di proposta e di indirizzo sulle problematiche penitenziarie, seguendo le indicazioni che sono frutto della nostra decennale esperienza sul campo. Il grave momento di crisi che ricade per ora unicamente sulle donne e gli uomini della polizia penitenziaria e sulle loro famiglie ci impone di trovare e discutere su soluzioni che possano essere comprese e condivise dai cittadini e fatte proprie dal Governo”.
Il Sappe esprime l’intenzione “di fare la propria parte. Si abbia il coraggio e l’onestà politica e intellettuale di riconoscere i dati statistici e gli studi universitari indipendenti su come il ricorso alle misure alternative e politiche di serio reinserimento delle persone detenute attraverso il lavoro siano l’unico strumento valido, efficace, sicuro ed economicamente vantaggioso per attuare il tanto citato quanto non applicato articolo 27 della nostra Costituzione”.
L’invito del Sappe è di “riprendere il decreto sull’utilizzo della polizia penitenziaria presso gli Uffici per l’Esecuzione Penale Esterna (Uepe), per il controllo sulle persone che usufruiscono delle misure alternative”. Secondo il sindacato infatti: “il problema dell’enorme spreco di denaro pubblico dovuto al mancato utilizzo dei braccialetti elettronici che il Sappe sta denunciando da mesi sembrerebbe dipendere da problemi tecnici e burocratici per cui è la Magistratura che trova difficoltà pratiche a ricorrere al loro utilizzo come misura alternativa.
Tutto ciò rende intollerabile il problema del sovraffollamento nelle carceri e rende pericoloso il lavoro quotidiano dei nostri agenti. La polizia penitenziaria, in virtù anche degli istituendi ruoli tecnici, potrebbe facilmente ed efficacemente, provvedere alla loro installazione e gestione, con conseguente maggiore e più efficace controllo delle misure alternative, di quanto non succeda oggi”. Il Sappe dichiara di confidare “nella sensibilità del ministro Alfano affinché, anche con il contributo delle altre realtà sociali che operano negli istituti penitenziari, si trovino insieme con urgenza delle soluzioni condivise per risolvere il grave momento di crisi che il settore penitenziario sta vivendo e che principalmente la polizia penitenziaria sta fronteggiando e pagando in termini di condizioni di lavoro gravose e particolarmente stressanti”.