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Ansa, 8 luglio 2010

Jiang Benhua, 22 anni, è rinchiuso nella prigione di Xìan, nella provincia nord occidentale dello Shanxi e dallo scorso dicembre è stato condannato a morte per rapimento. Anche se la sua condanna non dovesse essere ridotta, ha detto alla stampa Jiang, lui intende donare gli organi alla sua morte, per far si che la sua vita possa continuare in qualche modo in maniera migliore. Ma la legge cinese non lo permette, in quanto attualmente prevede che la donazione di organi possa avvenire solo tra membri della stessa famiglia. Circa un milione di persone attendono in Cina un trapianto di organi ma solo l’1% di questi riesce ad averlo, secondo le statistiche ufficiali. Anche se la legge non lo permette, in passato ci sono state molte deroghe e i trapianti da donatori giustiziati sono stati numerosi, tanto da fare diventare questa la prima fonte di donazione di organi in Cina.
La richiesta di Benhua ha alimentato le polemiche, perché da un lato sono in molti quelli che chiedono una riforma della legge sulle donazioni in senso più ampio favorendole, dall’altro c’è che chiede che una legge più restrittiva che non permetta, neanche in deroga, la donazione da prigionieri nel braccio della morte. Questo perché, secondo il professore Jia Yu, che insegna legge alla Northwest University, i detenuti non sarebbero nelle condizioni mentali e fisiche per poter donare e sarebbero spinti solo da una volontà di chiedere riduzioni di pena o di ottenere una benevolenza seppur tardiva.