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di Luigi Ferrarella

Corriere della Sera, 25 giugno 2010

Piccolo bilancio di quattro annunci. La legge che deve stanziare 10 milioni per le famiglie dei morti e dei feriti della strage alla stazione di Viareggio non è ancora approvata a un anno dal disastro. La normativa anticorruzione, sbandierata in febbraio a fronte degli scandali dilaganti, dopo 5 mesi è desaparecida nei meandri di un iter parlamentare certo non folgorante come quello del lodo Alfano. La norma per fare scontare ai domiciliari l’ultimo anno di pena dei detenuti è bloccata alla Camera perché mancano i soldi per le promesse 3.000 assunzioni di agenti. La sostituzione dei vetusti registri informatici di Procure e Tribunali, data per imminente nel novembre 2008, dopo un anno e mezzo non c’è ancora in uffici che lavorano su traballanti aggiornamenti di programmi informatici del 1988 a rischio collasso.
Questi quattro esempi dimostrano che la politica dell’annuncio, per quanto praticata fino alla nausea, può funzionare come legittimo marketing politico, tanto più se come oggi pare avere la fortuna di potersi giovare di amnesie collettive e nessuna verifica alle aperture di credito. Ha però bisogno di non incrociare mai la resa dei conti con la realtà, deve cioè sempre potere differire l’impatto sui cittadini dei costi impliciti in quegli annunci appesi acrobaticamente ad altri annunci.
Ma di tutti i casi appena evocati, ce n’è uno che ormai poco si presta agli illusionismi: il carcere. L’annuncio ministeriale del piano-carceri (ieri approvato da Alfano, Matteoli e Bertolaso, che però hanno “aggiornato al 9 luglio la definizione nei dettagli del cronoprogramma”) è ormai un genere letterario a sé, tanto che c’è chi, come Luigi Manconi, ne colleziona la contabilità ed è arrivato a quota 11 annunci. Ma con 68.000 detenuti stipati in 43.800 posti (record italiano di sempre e tasso di sovraffollamento superiore a tutti i Paesi d’Europa, Russia compresa), 32 detenuti uccisisi dall’inizio dell’anno e altri 51 salvati dai poliziotti (tasso di suicidi quasi 9 volte superiore che fuori), 109 agenti penitenziari feriti con prognosi oltre i 5 giorni in aggressioni, 6 evasioni riuscite e 7 sventate, non è Cassandra ma sono i numeri ad avvertire che, almeno in carcere, la giustizia degli annunci non passerà l’estate.