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Gazzetta di Modena, 25 giugno 2010

Svolta sul caso del Giudice di Sorveglianza a Modena. Il presidente del Tribunale di Sorveglianza distrettuale di Bologna, giudice Francesco Maisto, ha dichiarato alla “Gazzetta” che la vacanza della carica è agli ultimi giorni. Il giudice in arrivo, dottor Roberto Giovanni Mazza, si presenterà martedì prossimo alla sede bolognese per il giuramento e la messa in possesso del suo posto a Modena. “Questo significa - spiega il presidente Maisto - che dovrebbe iniziare a lavorare da subito”.
Il 30 giugno, infatti, è prevista la giornata di udienza tanto attesa dai detenuti e dagli internati modenesi: la data saltata il 16 giugno ha creato forte preoccupazione e anche rimostranze alla Casa di Lavoro di Saliceta San Giuliano e non solo. “Speriamo che il giudice Mazza possa intervenire subito - spiega il presidente Maisto - ma bisogna capire che è il suo primo giorno in quella veste: proviene da un collegio giudicante”.
Da Bologna precisano inoltre che l’ufficio di Modena non è mai rimasto “scoperto” da quando se ne è andato il giudice Angelo Martinelli: “Abbiamo supplito - spiega il presidente Maisto - estendendo la funzione al collega di Reggio. In pratica, si divideva tra le due province. Bologna non poteva: abbiamo solo 2 giudici sui 5 previsti e si sarebbe fermata l’attività”.
Dopo l’appello di Saliceta San Giuliano, anche dall’altra casa di lavoro modenese - quella più grande dell’ex Forte Urbano di Castelfranco - tre internati hanno inviato una lettera per denunciare apertamente quanto succede. Un documento davvero insolito. Spiegano Vincenzo Iannone, Franco Antonio e Gennaro Clemente: “L’internato è colui che, essendo stato in passato in carcere e avendo già scontato la pena prevista, può essere dichiarato socialmente pericoloso, delinquente abituale o professionale, quindi essere sottoposto a una misura di sicurezza purtroppo detentiva.
Noi internati subiamo lo stesso trattamento dei detenuti. Ma mentre per i detenuti c’è un fine pena certo, noi siamo nelle mani del Magistrato di Sorveglianza che deve decidere se ci sono le condizioni per farci ritornare alla nostra vita. Contrariamente alla legge che prevede il reinserimento, trascorriamo molto tempo rinchiusi nella nostra sezione. Non per tutti c’è la possibilità di lavorare e la scarsità di interventi educativi non giustifica l’esistenza di una reclusione in assenza di reato”.
I tre internati non hanno nulla da ridire verso la direzione di Castelfranco. “Il vero problema - spiegano - consiste nei rapporti tra noi ed il Magistrato di Sorveglianza che ha sospeso, da oltre un anno, la concessione di licenze per molti di noi che pur ne avevano i requisiti. Un popolo civile, come quello italiano, non può e non deve ignorare i nostri problemi, primo fra i quali il permesso di una licenza, capace di mantenere, migliorare o ristabilire i rapporti affettivi con le proprie famiglie oltre che mantenere contiguità col mondo del lavoro”.