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Adnkronos, 25 giugno 2010

Un detenuto nel carcere milanese di San Vittore, un keniano di 43 anni, truffava i familiari dei detenuti, spacciandosi per un dipendente del ministero a caccia di mazzette per facilitarne l’iter della scarcerazione. E ci riusciva grazie anche ad un telefono cellulare che era riuscito a farsi portare in carcere e con l’aiuto di una complice che provvedeva a ritirare i soldi. Oggi l’uomo, che nel frattempo è stato trasferito a Noto (Siracusa), è stato arrestato per millantato credito ed è stato indagato a piede libero anche per truffa nell’ambito di un’inchiesta coordinata dal pm Luigi Luzi mentre l’ordinanza di custodia cautelare in carcere è stata firmata dal gip Andrea Salemme. L’interrogatorio di garanzia sarà eseguito per rogatoria in Sicilia nei prossimi giorni.
L’indagine della sezione di polizia giudiziaria è nata sulla base della denuncia di una donna che ha rischiato di essere truffata. Alla fine di agosto, infatti, la donna ha dichiarato di essere stata contattata telefonicamente da un presunto dipendente del ministero della Giustizia che, mostrando di conoscere bene la situazione del marito detenuto a San Vittore, le aveva chiesto 600 euro per farlo liberare.
All’inizio lei aveva accettato, ma quando ha incontrato la complice del keniano per lo scambio dei soldi, si è insospettita perché la donna, che si era spacciata per un ufficiale giudiziario, si è rifiutata di mostrarle il tesserino di riconoscimento. Ha così mandato a monte l’affare e poi si è rivolta alla Procura.
È partita così l’inchiesta che, come prima tappa, ha identificato le persone contattate nello stesso periodo dallo stesso numero di telefono. Gli inquirenti sono risaliti così ad una decina di persone che hanno raccontato tutte la stessa storia: di avere parenti in carcere e di essere state contattate da un uomo che a volte si presentava come un dipendente del tribunale, a volte del ministero della Giustizia, e che prometteva scarcerazioni facili in cambio di mazzette che variavano tra i 300 e i 600 euro. Qualcuno è anche caduto nella trappola, ma qualcun altro ha risposto sdegnato, essendo in realtà non un familiare del detenuto, ma la sua vittima.
Per identificare il truffatore, gli investigatori si sono quindi concentrati sulla complice e l’hanno rintracciata: la donna, 50 anni, moglie di un pregiudicato e incensurata, ha confessato, indicando il nome del keniano, George.
Alla fine gli inquirenti hanno ricostruito come il detenuto, che girava piuttosto liberamente nel carcere essendo il responsabile della biblioteca, riusciva a reperire i dati che gli servivano. dati che l’uomo avrebbe rubato dal quaderno in cui un prete di San Vittore prendeva appunti dei suoi incontri con i reclusi. L’inchiesta è stata coordinata dal pm Luigi Luzi mentre l’ordinanza di custodia cautelare in carcere è stata firmata dal gip Andrea Salemme. L’interrogatorio di garanzia sarà eseguito per rogatoria in Sicilia nei prossimi giorni.