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di Alessandra Ricciardi


Italia Oggi, 10 febbraio 2022

 

Intervista a Carlo Nordio, ex procuratore aggiunto di Venezia. Le correnti continueranno a condizionare il Csm con qualsiasi sistema elettorale venga fuori dal cilindro della ministra della giustizia, "l'unica è il sorteggio. Ma per farlo serve una modifica costituzionale".

L'avviso ai naviganti, alla vigilia del consiglio dei ministri che dovrebbe licenziare la discussa proposta del governo di riforma del Consiglio superiore della magistratura, è di Carlo Nordio, ex procuratore aggiunto di Venezia, protagonista di inchieste storiche dalle Brigate rosse venete a Tangentopoli.

"Ma ormai tutto il nostro sistema giuridico pone problemi di costituzionalità", dice Nordio, "per esempio il nuovo processo penale, introdotto nel 1989 con il Codice Vassalli, per funzionare richiede la separazione delle carriere tra pm e giudice, la discrezionalità dell'azione penale, l'eleggibilità dei pubblici ministeri. Tutte cose in contrasto con la Costituzione.

E questo spiega perché quel codice è stato demolito e ha fallito". Del resto, problemi di costituzionalità, dice Nordio, "si potrebbero porre anche per il divieto al magistrato che ha fatto politica di ritornare a indossare la toga", altro pilastro della riforma Cartabia. E allora? "C'è proprio bisogno di un'Assemblea Costituente che ci dia una Costituzione nuova".

 

Domanda. A tre anni dallo scoppio del caso Palamara, il governo ha stretto i ranghi e ha deciso di portare al prossimo consiglio dei ministri la riforma del Csm. Come spiega questa accelerazione?

Risposta. L'accelerazione è dovuta al discredito nel quale è caduto l'organo di autogoverno dei magistrati, e alla percezione da parte dei cittadini che vi sia del marcio, per citare Shakespeare, nel regno delle toghe. L'appello e il monito di Sergio Mattarella hanno certamente contribuito a serrare i tempi.

 

D. C'è ancora tensione sull'elezione dei consiglieri togati. L'ipotesi di un'elezione con un sistema maggioritario servirebbe a liberare il Csm dal potere delle correnti?

R. Qualsiasi soluzione al di fuori del sorteggio lascerebbe le cose come sono. Il sistema delle correnti è così radicato soprattutto tra i magistrati meno giovani che i capicorrente si accorderebbero tra di loro per distribuirsi le candidature anche attraverso le desistenze, come avvenne per le elezioni politiche nel '94 con i collegi uninominali. È vero però che il sorteggio può porre problemi di costituzionalità. Ma ormai tutto il nostro sistema giuridico pone problemi di costituzionalità.

 

D. Perché?

R. Perché nel 1989 abbiamo introdotto il codice Vassalli, cosiddetto alla Perry Mason, recepito dalla cultura anglosassone. Ma quel sistema presuppone la separazione delle carriere, la discrezionalità dell'azione penale, la differenza tra il verdetto della giuria popolare e la sentenza del giudice togato, la ricusabilità dei giurati, e persino l'eleggibilità dei pubblici ministeri. Tutte cose in contrasto con la Costituzione. E infatti il codice del professor Giuliano Vassalli, un antifascista decorato, è stato demolito ed è fallito, mentre il codice penale, firmato da Benito Mussolini è ancora in vigore, e gode di buona salute.

 

D. Intanto l'Associazione nazionale magistrati a maggioranza si è espressa contro il sorteggio, le toghe propendono per il proporzionale.

R. Intanto hanno votato metà degli iscritti, poco più di quattromila su ottomila, il che dimostra una disaffezione verso questo sindacato. E poi il 42 per cento si è dichiarato favorevole al sorteggio. Una percentuale inimmaginabile fino a qualche anno fa, dove chi auspicava questo sistema veniva considerato sacrilego. Quando io lo scrissi, nel 1997, fui chiamato dai probiviri dell'Anm per renderne conto. Naturalmente li mandai al diavolo, ma ci provarono.

 

D. E quindi?

R. E quindi con i sistemi di cui si dibatte le correnti continueranno a controllare l'organo di autogoverno della magistratura. Solo il sorteggio può eliminare il rapporto clientelare tra elettore ed eletto.

 

D. La maggioranza di governo è decisa anche a non consentire più il rientro in magistratura di chi fa politica. Cosa ne pensa?

R. Io penso che un magistrato non dovrebbe nemmeno entrare in politica, soprattutto se ha acquisito visibilità e consensi con indagini che hanno coinvolto personaggi politici. Il divieto di rientro è il minimo sindacale per affermare la separazione dei poteri. Ma anche qui potrebbero porsi problemi di costituzionalità.

 

D. E dei magistrati fuori ruolo, impegnati ai vertici dei ministeri?

R. Alcuni posti è bene che vengano coperti da magistrati esperti, perché son quelli che conoscono meglio il sistema e le sue criticità. Ma sono numeri limitati. Il 90 per cento dei magistrati distaccati dovrebbe ritornare a fare il proprio lavoro.

 

D. Altro tema sul tavolo del consiglio dei ministri è la separazione delle carriere. Manca un anno

alle elezioni, è un tema alla portata di questo Parlamento che poi dovrebbe approvare la legge?

R. Assolutamente no. La separazione delle carriere tra Pm e Giudice è necessaria, perché è consustanziale al processo accusatorio, e spero che il referendum sul punto sia giudicato ammissibile dalla Corte costituzionale e che i cittadini diano un messaggio forte sulla necessità di una riforma radicale. Ma questo Parlamento non ha né la volontà ne la forza politica per un provvedimento che incontra ancora oggi l'ostilità dell'associazione magistrati.

 

D. Perché tanta ostilità?

R. Ufficialmente perché, secondo l'Anm, questa separazione infrangerebbe la cosiddetta "cultura della giurisdizione", che vorrebbe accomunati Pm e Giudici nello stesso ambito. In realtà si tratta di una formula vuota che non significa nulla, uno slogan ripetuto come un chiacchiericcio infantile. La ragione vera è che chi entra in magistratura sa di avere questo benefit, che gli consente di cambiare ruolo e sede quando vuole. Toglierlo senza compensi è come cambiare le regole contrattuali, e sotto questo profilo la protesta è giustificata. Ma se il governo dicesse "vi aumentiamo di un terzo lo stipendio" per ripagarvi di questa sottrazione, credo che la gran parte accetterebbe, ovviamente se l'offerta fosse avanzata con eleganza e discrezione.

 

D. Luciano Violante ha proposta un'Alta corte, con funzioni di appello sulle sanzioni disciplinari del Csm e per i ricorsi contro le nomine. Favorevole?

R. Certamente sì. È un'idea idea già proposta più di vent'anni fa con la bozza Boato, nell'ambito della Bicamerale presieduta da Massimo D'Alema. Ma si trattava appunto di una riforma costituzionale. Come si vede, c'è proprio bisogno di un'Assemblea Costituente che ci dia una Costituzione nuova.