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di Liana Milella e Conchita Sannino


La Repubblica, 10 febbraio 2022

 

La riforma del Csm e il tweet di Costa (Azione): a differenza dei parlamentari "lo stop alle sliding doors promesso dalla ministra Cartabia non riguarda i pm che hanno fatto parte del governo". I casi Gratteri e Manzione.

Brutto risveglio, e subitanea delusione, per M5S sulla riforma della giustizia. Di mezzo ci sono le toghe in politica e lo stop alle cosiddette "porte girevoli". Dalla stanza di Marta Cartabia, alle sette di sera, erano usciti soddisfatti l'ex Guardasigilli Alfonso Bonafede e il capogruppo in commissione Giustizia, nonché relatore sulla riforma del Csm, Eugenio Saitta, entrambi convinti che la ministra era intenzionata a riprendere integralmente il testo dello stesso Bonafede sulle toghe in politica.

Che contiene uno stop netto alle cosiddette "porte girevoli", per cui non si sarebbero più verificati in futuro i casi Maresca. Stiamo parlando di quel Catello Maresca, toga anticamorra, ex pm a Napoli e poi sostituto procuratore generale, candidato sindaco, sconfitto dall'attuale sindaco Gaetano Manfredi, e che all'indomani del voto è stato assegnato dal Csm come giudice alle Corte d'Appello di Campobasso, anche se siede nel consiglio comunale di Napoli nelle file del centrodestra.

Mai più casi Maresca? La Cartabia lo aveva garantito anche alla festa di Atreju, con Giorgia Meloni seduta in prima fila. Se per l'attuale doppia veste di Maresca l'incompatibilità diventa effettivamente definitiva, nel testo che potrebbe passare venerdì in Consiglio dei ministri, s'innesta un'altra sorpresa, e il conseguente allarme di M5S. Succede che alle 7 e 54 il mattutino Bonafede legge sul suo cellulare un tweet di Enrico Costa di Azione che suona così: "Tutti i giornali titolano che non ritorneranno in toga i magistrati che hanno fatto politica. M5S esulta. Ma basta scavare un po' e si scopre che un magistrato potrà tranquillamente fare l'assessore regionale, il ministro o il sottosegretario e tornare a fare il Pm (dopo 5 anni)".

Sorpresa. Ma di chi parla Costa? Che la sera prima, ultimo dei convocati davanti alla Cartabia e al capo di gabinetto di Draghi Antonio Funiciello, sul punto ha minacciato addirittura di votare contro la riforma del Csm? Alle nove di sera Costa scopre che se un giudice entra a far parte del governo può tranquillamente tornare a mettersi la toga. Per lui, a differenza dei parlamentari, non varrà la regola dello stop alle "porte girevoli". Un'eccezione che lo stesso premier Mario Draghi avrebbe chiesto espressamente.

Per capire le conseguenze facciamo degli esempi. Se, nel 2014, l'attuale procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri fosse diventato ministro della Giustizia come l'allora premier Matteo Renzi chiese a Giorgio Napolitano, con la futura legge sarebbe tornato a vestire la toga. Proprio come ha fatto, diventando procuratore di Lucca a settembre dell'anno scorso, l'ex sottosegretario all'Interno Nicola Manzione, non senza dure polemiche all'interno del Csm, dove c'era chi sosteneva che un incarico "politico" come il suo avesse comunque già appannato la sua immagine di indipendenza. Ovviamente Manzione non la pensava così, e comunque dopo due rinvii nella commissione per gli incarichi direttivi la sua nomina è passata.

Poiché il destino delle toghe in politica riguarda non solo i magistrati ordinari, ma anche quelli amministrativi, contabili, militari e gli avvocati e i procuratori dello Stato, una "liberatoria" che esclude i ruoli di governo dalla strettoia delle "porte girevoli" salverebbe anche i consiglieri di Stato, a partire dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Roberto Garofoli, eminenza grigia di palazzo Spada, che due giorni fa ha discusso proprio con Marta Cartabia il testo della riforma.

Ma sulla faccenda M5S fa trapelare un sentito "allarme", convinto com'è, e come già aveva previsto Bonafede nel suo disegno di legge, che anche chi ricopre incarichi politici di governo debba poi rinunciare a rientrare nei palazzi di giustizia, ma accettare la collocazione a via Arenula, a palazzo Chigi, oppure in altri dicasteri.

Ad agitarsi sulla questione sarebbe anche il ministro della Funzione pubblica Renato Brunetta, nonché la responsabile Giustizia della Lega Giulia Bongiorno, in frenetica attesa che arrivino i testi scritti della riforma. Stessa attesa per Pierantonio Zanettin, capogruppo di Forza Italia in commissione Giustizia alla Camera, che non nasconde i dubbi sulla legge elettorale, un maggioritario binominale con il recupero dei terzi migliori con il proporzionale, perché "sembra un sistema che ripropone le liste".