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di Raffaele Greco*


Il Dubbio, 10 febbraio 2022

 

Il recente rilancio, nel dibattito politico sulla riforma della giustizia, della proposta di istituzione di un'Alta Corte competente a conoscere delle controversie relative agli atti del Csm e degli organi di autogoverno delle altre magistrature, oltre che dei ricorsi contro le sanzioni disciplinari irrogate dagli stessi ai magistrati, coincide curiosamente con l'uscita di un saggio di Sergio Rizzo specificamente dedicato al Consiglio di Stato e alla giustizia amministrativa, nelle cui conclusioni, dopo aver rilevato che buona parte dei mali che affliggono la giustizia italiana dipende dalla sua autoreferenzialità, l'Autore esamina proprio la detta proposta mostrandosi pessimista sulla sua idoneità a costituire una soluzione all'annoso problema.

In effetti, come è stato osservato anche su queste pagine, per il modo stesso in cui è formulata, l'ipotesi dell'Alta Corte appare velleitaria e con ben poche probabilità di trovare attuazione nel residuo scorcio di legislatura. Ciò non toglie però che essa nasca dalla diagnosi di criticità realmente esistenti nell'ordinamento, riconducibili al difficile equilibrio tra l'esigenza di garantire il diritto dei singoli alla tutela giurisdizionale e il rispetto della legalità anche nei confronti degli organi di vertice delle magistrature, da una parte, e la necessità di rispettare le prerogative di autonomia e indipendenza dell'ordine giudiziario, dall'altra.

Il problema emerge soprattutto con le tensioni che sempre insorgono tra la magistratura ordinaria e quella amministrativa ogni qual volta quest'ultima interviene sui più rilevanti provvedimenti del Csm, come da ultimo avvenuto per le nomine dei vertici della Cassazione. Ma non può sottacersi che anche all'interno della stessa magistratura amministrativa, come attestato da specifiche vicende riferite nel volume citato, emergono con sempre maggiore evidenza le difficolta del Tar del Lazio e del Consiglio di Stato a porsi quali giudici davvero sereni e obiettivi di atti e questioni che li riguardano più o meno direttamente.

È però pericoloso pensare di risolvere tali problemi devolvendoli a un organo i cui componenti, pur autorevoli, siano selezionati - come si vorrebbe - con criteri analoghi a quelli stabiliti per la Corte costituzionale. Tale opzione presenta evidenti aspetti di incostituzionalità non solo per contrasto col divieto di istituzione di nuovi giudici speciali (art. 102 Cost.), ma anche per la "inedita" attribuzione di funzioni giurisdizionali (tali essendo quelle relative all'impugnazione dei provvedimenti disciplinari e degli altri atti di autogoverno) a soggetti estrani all'ordine giudiziario, designati in maggioranza a livello politico e per il resto eletti dalle stesse magistrature, modalità di accesso all'ordine giudiziario a sua volta ignota al nostro ordinamento. Ma al di là di ciò, che comunque evidenzia la necessità di una revisione costituzionale, il rischio è che in un tale organo, proprio per la sua genesi, si riproducano a livello più elevato quelle stesse logiche di contiguità politico- corporativa che in teoria si vorrebbero eliminare. In realtà, è chiaro che per le controversie riguardanti i magistrati c'è bisogno non di una "stanza di compensazione" politica, ma di un Giudice: un Giudice non solo terzo e imparziale, ma immune anche solo da sospetti di permeabilità a pressioni e condizionamenti correntizi o corporativi. Non è un obiettivo facile, ma si potrebbe provare a raggiungerlo attraverso l'introduzione di un organo misto, composto da giudici provenienti dalla Corte di cassazione, dal Consiglio di Stato e dalla Corte dei conti, in possesso di determinati requisiti di esperienza e sorteggiati periodicamente dai rispettivi organi di autogoverno; un tale organo potrebbe occuparsi, in forme tutte da definire, dei ricorsi contro i provvedimenti del Csm e degli organi analoghi in modo più efficace e senza dar luogo a polemiche, in quanto nell'osmosi tra i diversi componenti si "dissolverebbero" le spinte corporative legate all'estrazione di ciascuno di essi.

Una tale ipotesi potrebbe forse essere percorribile a Costituzione invariata, modellando il nuovo organo giurisdizionale sullo schema del Tribunale superiore delle acque pubbliche (già a composizione mista e che la giurisprudenza tende oggi a inquadrare come Sezione specializzata della Corte di cassazione, anziché come giudice speciale). Che perciò solo si tratti di ipotesi effettivamente praticabile è però tutt'altro discorso, dipendendo da fin troppo note e imprevedibili variabili politiche.

 

*Presidente di Sezione del Consiglio di Stato