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di Giuliano Foschini e Fabio Tonacci


La Repubblica, 10 febbraio 2022

 

"Dissero bugie sulla scorta per non perdere i finanziamenti al progetto". In due sono accusati di omicidio colposo. Ma il Pam oppone l'immunità diplomatica e la crisi in Congo complica tutto. Il padre dell'ambasciatore: "Primo passo".

L'inchiesta è chiusa. E le conclusioni alle quali è arrivata la procura di Roma sono, se possibile, ancora più tristi di quanto era lecito aspettarsi: l'ambasciatore Luca Attanasio e il carabiniere della sua scorta Vittorio Iacovacci sono stati uccisi in Congo, il 22 febbraio del 2021, in un agguato di predoni sulla strada verso la città di Rutshuru, perché chi doveva garantire la loro sicurezza non l'ha fatto. Non erano stati infatti predisposti i sistemi di sicurezza obbligatori per quel tipo di spedizione, a maggior ragione su una strada classificata ad alto rischio come quella che stavano percorrendo. Chi doveva occuparsi della loro sicurezza ha invece truccato e falsificato i documenti di viaggio, in modo da far svolgere a ogni costo la spedizione. Non soltanto per negligenza: temevano infatti che, applicando i protocolli previsti per la trasferta di un ambasciatore, la visita potesse saltare. E con essa i finanziamenti che Attanasio avrebbe potuto garantire. Per tutto questo il procuratore aggiunto di Roma, Sergio Colaiocco, ha notificato ieri due avvisi di chiusura indagini ai dirigenti del Pam, il Programma alimentare mondiale dell'Onu, che avevano organizzato la spedizione. Sono Rocco Leone e Mansour Luguru Rwagaza. Per loro l'accusa è di omicidio colposo.

Gli ostacoli lungo il percorso che porta alla verità e alla giustizia sono ancora moltissimi. Il primo: le Nazioni unite potrebbero cercare di non far celebrare il processo. In alcune interlocuzioni avvenute nel corso delle indagini, l'ufficio legale del Pam ha fatto presente agli inquirenti che i suoi funzionari - avendo l'agenzia la sede a Roma - godrebbero, sulla base di un vecchio accordo con il governo italiano, di un'immunità come quella del personale diplomatico. Vero. Ma secondo l'interpretazione che la procura di Roma fa della norma, quel tipo di immunità può essere opposta soltanto dai dirigenti del Pam accreditati in Italia, cosa che né Leone né Luguru Rwagaza sono.

È pur vero, però, che il rischio di un braccio di ferro giuridico con le Nazioni unite esiste. Lo sa anche la Farnesina che sin dal principio ha sposato la tesi dei pm di Roma. Davanti alla notizia della chiusura delle indagini, ieri, non a caso ha immediatamente fatto sapere di aspettarsi "la massima collaborazione del Pam". L'obiettivo è evitare che possa essere messo sul tavolo l'argomento dell'immunità. L'idea che la giustizia non possa fare il suo corso è anche il grande timore dei familiari dell'ambasciatore Attanasio. Sia il padre sia la moglie, nel ringraziare i magistrati che si stanno occupando del caso, si sono augurati "che il Pam non ostacoli il processo". "Questo - ha detto Salvatore Attanasio - è soltanto il primo passo verso la verità, perché senza verità non c'è giustizia".

A rendere ancor più complessa la storia è anche la situazione in Congo. Nelle scorse settimane il governo del Paese africano ha annunciato l'arresto dei presunti killer dell'ambasciatore: predoni che avevano commesso attentati già nei mesi precedenti lungo la stessa strada. Secondo le informazioni arrivate dall'Africa, che in queste ore i carabinieri del Ros e gli uomini dell'intelligence stanno verificando, i predoni avevano intenzione di sequestrare la carovana a fini di estorsione. Non sapevano che a bordo ci fosse l'ambasciatore italiano ma erano a conoscenza che sarebbe passato da lì un convoglio, poco protetto, di europei. La collaborazione delle autorità congolesi è stata fino a questo momento sufficiente, ma l'interlocutore sinora degli italiani, il ministro dell'Interno congolese, non c'è più. È stato arrestato sabato perché sospettato di aver complottato contro il capo del governo.

I due indagati sono stati ascoltati, nelle scorse settimane, dal pm Colaiocco senza offrire spunti di rilievo. Hanno venti giorni di tempo per chiedere di essere nuovamente sentiti nel tentativo di evitare il processo. Agli atti, oltre alla relazione dell'Onu con la ricostruzione dell'incidente, ci sono le modifiche imposte dalle Nazioni unite ai protocolli di sicurezza dopo gli omicidi di Attanasio e Iacovacci. Perché uno scempio del genere non possa accadere mai più.