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di Gianluca Di Feo


La Repubblica, 30 gennaio 2022

 

Mentre l'Italia era paralizzata dalla sciarada di nomi per il Colle, nelle cancellerie di tutto il pianeta si è tornati a pronunciare una parola terribile: guerra. Il mondo non si è fermato. Il gioco sterile dei partiti intorno al Quirinale ha monopolizzato la vita politica e mentre l'Italia era paralizzata dalla sciarada di nomi per il Colle, nelle cancellerie di tutto il pianeta si è tornati a pronunciare una parola terribile: guerra. Nella disattenzione del nostro Paese, la crisi ucraina ha raggiunto un livello di tensione come non si conosceva da decenni. La manovra della Russia, che continua ad accumulare brigate sui confini di Kiev e sfida l'Occidente con la sua flotta su tutti i mari, non riguarda solo il futuro dell'Ucraina. Quella a cui stiamo assistendo è la conclusione di un percorso costruito da Vladimir Putin lungo l'ultimo decennio con un unico obiettivo: riscrivere le mappe disegnate dalla caduta del Muro di Berlino. Mosca guarda più lontano del Donbass e dei territori contesi sulle rive del Mar Nero: vuole mettere in discussione l'ordine mondiale e ottenere il riconoscimento del suo ruolo di potenza imperiale. Come ai tempi dello zar, come ai tempi dell'Unione Sovietica.

In questa partita il suo alleato è la Cina, l'altra grande autocrazia che condivide l'interesse russo a tracciare nuove linee di influenza attraverso i continenti. E l'unico antagonista sono gli Stati Uniti, che hanno progressivamente ridotto il loro impegno internazionale. Non pochi analisti ritengono che la crisi ucraina sia figlia della ritirata americana da Kabul: la dimostrazione di un disimpegno globale degli Usa, logorati da un ventennio di lotta contro il jihadismo.

In questa prova di forza senza precedenti, il primo re a mostrarsi nudo è l'Unione Europea. Nonostante lo schieramento di un'armata alle sue porte e la minaccia esplicita a tutti i valori che la Ue incarna, non è stata capace di esprimere né una reazione, né una mediazione. Non ha una politica estera, non ha uno strumento militare e non ha neppure dirigenti all'altezza della situazione. La Germania, alle prese con il rodaggio di un governo con tanti colori da ricordare Arlecchino, e la Francia, a pochi mesi dal voto presidenziale, finora non sono riuscite a trovare una parte da protagonista nel dramma ucraino.

Questo deprimente quadro europeo offre però un'opportunità unica per il nostro Paese. Come ha scritto Maurizio Molinari, Putin ha più volte indicato in Mario Draghi un referente sostenendo che "l'Italia potrà aiutare a normalizzare i rapporti fra la Russia e l'Unione Europea e perfino fra la Russia e la Nato". Draghi ha certamente la visione strategica e l'esperienza diplomatica per gestire un canale di trattativa, a patto che dietro di lui ci sia un "sistema Paese" compatto: l'immagine dei nostri imprenditori allineati ad ascoltare le lusinghe di Putin ha dato un duro colpo alla credibilità dell'Italia. Affrontare una crisi richiede - lo ha sottolineato su Repubblica il ministro della Difesa Lorenzo Guerini - determinazione e dialogo, partendo dal ribadire il cardine della nostra politica estera - l'Alleanza Atlantica - per poi dare massimo spazio ai colloqui. Davanti alla minaccia della forza, rituali bizantini e metodi levantini difficilmente ottengono risultati: ci vuole chiarezza negli obiettivi e negli schieramenti.

E il tentativo di riscrivere le mappe mondiali non riguarda solo l'Ucraina. Nel Sahel questa settimana i piani europei di stabilizzazione e di lotta al terrorismo islamista sono stati ulteriormente incrinati da un putsch in Burkina Faso e dal braccio di ferro tra i golpisti del Mali e l'Ue. Lì c'è il crocevia delle rotte migratorie e il più violento focolaio di insurrezione jihadista. In Libia le tensioni stanno riprendendo a crescere e condizionano le risorse energetiche più importanti per l'Italia. In Africa colonnelli e signori della guerra preferiscono gli uomini forti: guardano a Putin o a Erdogan, pronti a offrire sostegno armato. Di fronte a queste crisi, a Roma il Palazzo del Potere finora è apparso vuoto. La riconferma di Sergio Mattarella permette di riprendere a guardare avanti e aprire in fretta gli occhi sul mondo.