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di Lorenzo Cremonesi


Corriere della Sera, 23 novembre 2021

 

La denuncia del Guardian: le forze curde rilasciano i jihadisti catturati dopo la sconfitta dello Stato islamico. I militanti di Isis liberati dalle forze militari curde in cambio di denaro e mazzette. Avviene in tre carceri del Rojava (come i curdi nella Siria nord-orientale definiscono la loro regione autonoma), dove sono ancora imprigionati circa 10.000 guerriglieri delle milizie del Califfato. Jihadisti duri e puri, che combatterono agli ordini di Abu Bakr al Baghdadi e molti dei quali catturati nel marzo 2019 durante la battaglia finale di Baghouz. Il quotidiano britannico Guardian ha parlato con due di loro, i quali rivelano parecchi dettagli della liberazione.

Abu Jafar, che ovviamente afferma di non avere mai ucciso o perpetrato alcuna violenza dice di aver pagato 8.000 dollari agli ufficiali curdi per essere ammesso al programma di "riconciliazione", che poi gli ha permesso di essere liberato assieme alla moglie ed ai figli che erano detenuti nel grande campo di concentramento di Al Hol.

Ma aggiunge anche di aver sborsato altri 22.000 dollari in bustarelle per riuscire ad avviare la pratica. Lui e la famiglia hanno quindi raggiunto la zona controllata dalle milizie sunnite attorno alla città siriana di Idlib e poco dopo ottenuto il permesso di entrare in Turchia. Un racconto molto simile fa Abu Muhammad, con l'aggiunta di una descrizione accurata sulle terribili condizioni di detenzione nella prigione di Hasakah, dove a suo dire la tortura viene applicata regolarmente. Il portavoce delle forze curde, Farhad Shami, nega vi sia alcun programma di liberazione dei militanti di Isis ritenuti ancora pericolosi e tantomeno che ciò avvenga in cambio di denaro.

Per contro, già da tempo le autorità di Rojava liberano i prigionieri che si ritiene "non abbiano le mani sporche di sangue" per cercare di ridurre le spese della loro detenzione. La vicenda torna comunque a ricordare il problema dei prigionieri di Isis in mano ai curdi. Ai circa 8.000 militanti siriani e iracheni si aggiungono 2.0000 stranieri giudicati pericolosi e decine di migliaia di donne e bambini ancora chiusi ad Al Hol. Che fare di loro? Da tempo i curdi chiedono aiuto alla comunità internazionale senza ottenere risposte.