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di Antonio Lamorte


Il Riformista, 28 ottobre 2021

 

La misura apripista dopo la richiesta di un detenuto. Cani e gatti potrebbero a breve "entrare in carcere seppur per un'ora al mese e far compagnia quel detenuto che a causa della pena inflitta e che sta scontando l'ha dovuto lasciare all'esterno delle alte mura", a farlo sapere è Mauro Nardella, segretario generale della UIL PA Polizia Penitenziaria e componente della segreteria confederale CST UIL Adriatica Gran Sasso con delega Pubblica alla Pubblica amministrazione. La notizia arriva dal supercarcere di Sulmona, provincia dell'Aquila, dove la richiesta di un detenuto che aveva nostalgia del suo cane potrebbe portare a una politica apripista.

"Non si hanno notizie di pari accorgimenti adottati in altri Istituti di pena italiani", aggiunge infatti Nardella. Sulmona, secondo i dati dell'osservatorio Antigone, al 30 settembre ha una capienza di 329 posti per 386 detenuti. Era diventato drammaticamente noto negli anni dieci del duemila come il "carcere dei suicidi".

"Nell'eventualità dovesse accadere una cosa del genere - spiega Nardella - resta ovvio che, fermo restante la sacralità del gesto che si andrebbe a fare, si renderanno utili ulteriori accorgimenti volti a salvaguardare sicurezza e salubrità all'interno dei locali. Accorgimenti che ci auguriamo non vadano a gravare ancor più sul già pesante carico di lavoro al quale viene assoggettato l'intero comparto dell'unità operativa preposta ai colloqui visivi. Un comparto, quest'ultimo, tra i più sovraccaricati di lavoro nel periodo della pandemia e che ha stremato tutti coloro i quali hanno saputo garantire e tuttora lo fanno piena efficienza".

E fu infatti a partire dall'interruzione dei colloqui di persona con i familiari che nel marzo del 2020, dopo l'esplosione dell'emergenza covid, si scatenarono proteste e rivolte anche violente nelle carceri. Episodi che portarono a casi di rappresaglia - quello più noto al carcere di Santa Maria Capua Vetere in provincia di Caserta - e alla morte di 13 detenuti. Quello dei colloqui - concessi sei volte al mese, quattro per i detenuti per reati di particolare gravità, e anche più di sei a soggetti gravemente infermi e in particolari circostanze, per un massimo di tre visitanti (salvo deroghe), della durata di un'ora ciascuno - è un sostegno fondamentale a chi viene privato della libertà.

"Saranno certamente richieste garanzie quali la dimostrazione da parte del richiedente di aver avuto una relazione affettiva con l'animale; che i cani e i gatti ammessi siano di piccola taglia; che ci sia l'esigenza affettiva preventivamente vagliata dal Gruppo per l'Osservazione Trattamentale e che l'incontro avvenga in una sala separata dalle altre al fine di scongiurare pericoli per le altre persone presenti in aula. Ovviamente la UIL PA, che non contesta l'utilità e lo scopo perseguibili da questa nuova forma di trattamento intramurario, le sue garanzie le chiede per il personale che sarà chiamato ad assecondare questa nuova forma di colloquio visivo".