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di Concita De Gregorio


La Repubblica, 28 ottobre 2021

 

Si vede che non hanno figli né nipoti adolescenti, i senatori che applaudono come se fossero in tribuna vip alla partita. Si vede che non camminano per strada, non escono la sera, non hanno youtube, non vedono video musicali, nemmeno una volta un X Factor per sbaglio, niente. Non un collaboratore magari quarantenne che una volta abbia sussurrato loro all'orecchio "senatore, guardi però che nella realtà, ecco, ehm". Anche una confidenza intima, un fatto personale. Niente. Si vede che vivono in un permanente derby immaginario con l'avversario dall'altra parte dell'emiciclo ma non è la Champions, questa.

È un campionato dilettanti e la partita in corso - purtroppo per loro, per noi tutti - è fra il mondo fuori e il mondo dentro. Fra quei trecento scarsi dentro l'aula e la moltitudine fuori. La stessa moltitudine che quando si deve andare a votare resta a casa, la metà non esce proprio ma pazienza.

Conta chi vince, anche se si è rimasti in quattro all'osteria, no? E poi i delusi dalla politica non saranno mica disillusi per la legge sull'omotransfobia, certo, figurarsi. I mestieri sono sottopagati ti ricattano ti licenziano con un sms, la pensione chi ha trent'anni se la sogna, i vecchi campano sul lavoro che i giovani non hanno e i giovani devono essere mantenuti dai vecchi, sono altri i problemi. C'è la pandemia. C'è da difendere la libertà dei No Green Pass, vuoi mettere.

Mica il Ddl Zan, questa roba di princìpi, la legge manifesto sui diritti delle minoranze, l'orientamento sessuale l'identità di genere, facciamola facile, facciamola semplice: i sessi sono due il resto è baloccarsi di società opulente, problemi da ricchi annoiati, no?, che vuoi che sia. Poi certo fra i ragazzini c'è qualcuno che soffre, lo prendono a botte qualche volta lo ammazzano ma va così da che mondo è mondo, ti fanno l'agguato per strada e ti difendi, così ti rafforzi. Oppure ti nascondi, come fanno tutti. Fai finta. Che problema c'è. E questo è il punto dove la politica, e in specie la sinistra, perde l'ennesimo colpo.

Perché forse il ddl Zan non sarà stata la migliore delle leggi. Anzi: certamente no. Certamente era da perfezionare, correggere. Da discutere, e allora bisognava farlo. E se c'è chi pensa che era proprio la cosa giusta, perfetta così: fare la cosa giusta nel modo sbagliato è peggio che non farla. Resta la ferita, hai perso, resta il coro senza sciarpe al collo. Era questo il momento di fare il passo, specialmente se l'avevi annunciato come la tua bandiera. Non tratteremo, o così o niente: o questa legge o nessuna legge. Per mesi, l'abbiamo sentito. Avanti diritto, fieramente. Perfetto.

Allora bisogna saper fare i conti e non dire: speriamo bene. Speriamo cosa? Perché poi col voto segreto e con l'astrusa, non ci mettiamo nemmeno qui a spiegarla, regoletta della "tagliola" (roba da ostruzionismo codificato, giochi di regolamento) ecco che zac, tagliato via tutto. Non basta dire riproveremo, perché lo sanno tutti che passeranno mesi e mesi, forse anni. C'è la legge di bilancio, ora, poi l'elezione del presidente della Repubblica, poi chi lo sa quale sarà il governo, quale l'orizzonte.

Il peggio dello spettacolo, dopo i cori, è che una parte di voti sono mancati da chi diceva di volerla, la legge. Sono mancati voti a sinistra, dal Pd, forse dai Cinquestelle, forse da Italia Viva. Tanti, e fra i tanti Matteo Renzi, non erano in aula. Avevano da fare. Priorità. Ma si è fatto tardi, oggi è già un altro giorno. Sarà bello gustarsi i titoli dei giornali un quarto d'ora, stamattina: disfatta, trionfo, débâcle. Il doping perpetuo della curva immaginaria mentre nel mondo reale chi non trova posto si arrangi. E poi stasera c'è il talent, tutti a fare il tifo in tv per quell'adolescente che non si sa se sia maschio o femmina, guarda, ma che stranezza, che stravaganza i tempi moderni, signora mia.