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di Adriano Sofri


Il Foglio, 4 settembre 2021

 

Mercoledì, ore 22, carcere-discarica di Sollicciano, Firenze. "Testa incastrata nello spioncino della cella: detenuto muore". Come possa accadere, per incidente o per volontà, è difficile e terribile da immaginare. Fottuti bastardi, la conosco questa lingua straniera.

"Testa incastrata nello spioncino della cella: detenuto muore". Davvero? "Stando alle prime informazioni, il 43enne avrebbe infilato la testa tra una sbarra e l'altra dell'ingresso della sua cella, nello spioncino che serve al passaggio dei piatti per il pranzo e per la cena, uno spazio di circa una decina di centimetri" (così un giornale). "Nell'uomo normale di statura media, la testa rappresenta un ottavo dell'altezza totale. La sua lunghezza è di circa 20 cm, la larghezza di circa 18 cm e la circonferenza di 50-60 cm." (Treccani, "Universo del corpo").

"Il 43enne" è una persona, tunisina, ha un nome e un cognome, Nasser Yussef. Continua la cronaca - una (non) vale l'altra: "Un gesto abbastanza comune tra i detenuti del transito, viene spiegato, che si affacciano per guardare nel corridoio o per chiamare le guardie". Non è un gesto comune, salvo che lo spioncino sia insolitamente largo: sono le mani ad aggrapparsi al suo bordo. Per chiamare le guardie non occorre affacciarsi, e per guardare nel corridoio si sporge fuori un braccio con la mano che tiene e orienta lo specchietto (mai di vetro, è vietato: di una stupida plastica argentata). Lo spioncino serve a un altro uso: poiché l'interruttore della luce sta sul muro fuori dalla cella, irraggiungibile dal braccio, il detenuto sporge fuori il braccio con la mano che impugna la ramazza e la muove a tentoni fino a spegnere o accendere la luce sull'interruttore che non vede: dopo qualche anno, ero diventato un maestro nell'esercizio.

Ancora: a meno che Yussef fosse stato buttato, con la dizione solenne di "transito", in uno degli sgabuzzini nudi e senza finestre in cui si parcheggiano a vista provvisoriamente (salvo dimenticarli lì) i detenuti di passaggio, la cella ha due cancelli, uno di sbarre d'acciaio, più zoologico, diciamo, con uno spazio appena maggiore all'altezza dello spioncino; un altro, il blindo, il massiccio portone di ferro con lo spioncino che viene alzato o abbassato dall'esterno, e ha al centro uno spioncino minore al quale il guardiano può poggiare l'occhio per guardare (spiare) dentro. Come si possa morire, per incidente o per volontà, con la testa incastrata nell'uno o nell'altro spioncino, è difficile e terribile da immaginare. Per soffocare bisogna che sia il collo a restare strozzato, e il collo è meno largo della testa "nell'uomo normale" - a meno che si pensi anormale "il 43enne", quale tunisino e detenuto e in transito (suggestiva ambiguità, quel suo essere "in transito").

Continuiamo. Non si passano piatti "per il pranzo o la cena": i piatti (solo di plastica o di carta plasticata, come le posate) ce li ha il detenuto in cella, e il portavitto col carrello si limita a riempirglieli. Continuiamo: "Per qualche motivo, però, l'uomo non sarebbe riuscito a far uscire la testa dalle sbarre. Sarebbe rimasto incastrato, facendosi prendere dal panico. In pochi attimi - secondo una prima ricostruzione - avrebbe perso i sensi, rendendo più difficili le operazioni di soccorso di una guardia intervenuta per aiutarlo. E avrebbe perso la vita in questo modo, con ogni probabilità per soffocamento: quando sul posto è intervenuta l'automedica del 118, per lui non c'era più niente da fare".

Cioè: un uomo ha la testa incastrata fra le sbarre e ha perso i sensi - nel frattempo "la guardia intervenuta" avrà aperto il cancello, lo avrà soccorso, gli avrà sorretto la testa - e, mentre misteriosamente soffoca, si aspetta che arrivi "l'automedica del 118"! A Sollicciano, col traffico dell'A1! Ma che cosa dite, che cosa scrivete. Non c'era un medico, a Sollicciano, non un infermiere? Il carcere, ha scritto il garante toscano, "avrebbe necessità di una visione umanistica ed antropocentrica (sic!) che esaltasse il dettato costituzionale".

Mancano comandante e direttore titolare, i detenuti sono il doppio della capienza (così il segretario della Uil-Pa), nella stessa sera "un altro detenuto abbatteva i muri della cella" (sic!), lo scorso 11 luglio "otto detenuti della 12ma sezione avevano incendiato i materassi delle loro celle, poi avevano divelto le inferriate delle finestre del locale docce ed infine erano riusciti ad arrampicarsi sul tetto del penitenziario".