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di Fulvio Bufi


Corriere della Sera, 4 luglio 2021

 

Le tappe dopo il pestaggio: nessuno degli agenti coinvolti è stato trasferito né sospeso, tutti sono rimasti a contatto con i detenuti che li avevano denunciati. Venerdì, invece, una trentina di detenuti sono stati improvvisamente trasferiti, anche fuori dalla Regione. Il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria conosceva da un anno i nomi degli agenti in servizio nel reparto Nilo del carcere di Santa Maria Capua Vetere indagati per i pestaggi ai detenuti del 6 aprile 2020 ma non ha adottato alcun provvedimento, né di sospensione né di trasferimento.

Lo si deduce con chiarezza dalle parole che il 16 ottobre 2020 l'allora sottosegretario alla Giustizia Vittorio Ferraresi pronunciò in Parlamento rispondendo all'interrogazione del deputato di +Europa Riccardo Magi sui fatti accaduti nel carcere casertano. "Con riferimento agli agenti attinti dagli avvisi di garanzia e da decreti di perquisizione - disse Ferraresi - si evidenzia che, con nota 3 luglio 2020, il locale provveditore ha trasmesso al Dap l'elenco del personale del Corpo nei confronti del quale è stata data formale comunicazione dell'avvio di procedimento penale da parte della procura".

Viene quindi da chiedersi perché gli indagati rimasero tutti al proprio posto, quotidianamente a contatto con i detenuti che li avevano denunciati. La motivazione, secondo quanto trapela dal Dap, sarebbe da ricercare nell'impossibilità da parte del dipartimento di conoscere i reati che venivano contestati agli agenti. Dalla Campania era stato mandato l'elenco dei nomi, ma non le singole posizioni. Né chiarimenti in questo senso sarebbero arrivati successivamente, quando tre ulteriori richieste di informazioni inviate, tra luglio e ottobre direttamente ai magistrati inquirenti, rimasero senza alcuna risposta. In mancanza di questi elementi il Dap non avrebbe potuto motivare i trasferimenti con precise contestazioni. E inoltre trasferire un poliziotto sotto inchiesta avrebbe potuto interferire con il lavoro investigativo di magistrati e carabinieri e con la loro ricerca di ulteriori elementi d'accusa per ognuno degli indagati.

In parte queste cose erano già spiegate nella risposta di Ferraresi all'interrogazione di Magi: "Con nota 8 luglio 2020, la competente Direzione generale del personale e delle risorse ha chiesto alla direzione dell'istituto di acquisire, presso la competente autorità giudiziaria, copia integrale degli avvisi di garanzia a carico del personale di polizia penitenziaria coinvolto, al fine di conoscere le contestazioni. In assenza di riscontro, con nota 28 settembre 2020, n. 336014, la competente direzione generale del personale e delle risorse del Dap ha chiesto direttamente alla procura della repubblica-tribunale di Santa Maria Capua Vetere copia integrale degli avvisi di garanzia, evidenziando che la richiesta costituisce elemento indispensabile ai fini di ogni determinazione da parte di questa amministrazione. Infatti, come sa, se un'indagine è aperta, ovviamente, il Dap o la direzione del carcere, per eventuali accertamenti, deve prima chiedere all'autorità giudiziaria l'assenso. Anche per tale ragione, allo stato, non risulta intrapresa alcuna iniziativa, sia di natura cautelare sia disciplinare, a carico del personale coinvolto".

Quindi sono rimasti tutti lì, denuncianti e denunciati. E gli spostamenti, solo dei denuncianti, però, sono cronaca di queste ore. Venerdì sera, infatti, una trentina di detenuti del reparto Nilo sono stati improvvisamente trasferiti in vari istituti di pena, anche di regioni diverse dalla Campania. Il provvedimento, disposto come da prassi dal Dap, stavolta è stato adottato in parte anche d'intesa con la Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, perché coinvolge alcuni dei reclusi le cui testimonianze sono agli atti dell'inchiesta.

Si tratterebbe quindi di provvedimenti a tutela degli stessi reclusi, ma ci sarebbe anche un altro motivo: dopo gli arresti e le altre misure cautelari emesse dal gip, il dipartimento ha sospeso non soltanto, come era ovvio, chi è finito in carcere o ai domiciliari e che è stato interdetto, ma anche altri venticinque appartenenti all'amministrazione penitenziaria coinvolti in questa inchiesta che conta complessivamente più di centocinquanta indagati. Di conseguenza negli ultimi giorni il personale in servizio al Nilo si è decisamente ridotto, e il rapporto numerico tra agenti e detenuti ne è risultato sbilanciato. I trasferimenti servirebbero quindi anche a ristabilire l'equilibrio necessario per la gestione delle otto sezioni del reparto secondo gli abituali standard.