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di Conchita Sannino


La Repubblica, 4 luglio 2021

 

L'ispettore Crocco è uno dei 52 indagati per i pestaggi a Santa Maria Capua Vetere il 6 aprile 2020: "Alcuni detenuti hanno confermato che intervenni per difenderli". "Non so come nacque quella "perquisizione", so che ci trovammo in istituto i colleghi del Gruppo speciale di supporto che venivano da fuori. Era impossibile arginare ciò che stava avvenendo. Ci ho provato, in più occasioni ho tentato di evitare dei colpi ai detenuti. Alcuni dei carcerati possono raccontarlo. E dai filmati si vede che cerco di sottrarne alcuni alle percosse. Ma a un certo punto, quando nella concitazione di quei momenti, alcuni colpi hanno preso anche me, ho dovuto fermarmi. Sono cardiopatico, ho subito un'operazione a cuore aperto anni fa. Ho prodotto al giudice tutta la mia documentazione sanitaria".

Parla con Repubblica l'ispettore Giuseppe Crocco, attraverso il suo avvocato Dezio Ferraro. Piccole crepe si aprono, nell'inchiesta sulla mattanza in carcere che, il 6 aprile 2020, ha oltraggiato lo Stato a Santa Maria Capua Vetere. Ma quella dell'indagato Crocco è una voce diversa dalle altre, a leggere le carte. L'ispettore, scrive il gip Sergio Enea, "è stato pressoché l'unico ad essersi fattivamente attivato per contenere l'escandescenza dei suoi sottoposti, intervenendo più volte energicamente", circostanza riscontrata dalle dichiarazioni di alcuni detenuti. Il gip, esaminando video e dichiarazioni delle vittime, sottolinea: "Il detenuto Pasquale Bottone lo riconosce come colui che lo ha protetto, il detenuto Pasquale Luca sottolinea che è stato l'unico che non lo ha picchiato". Evidenzia che "Crocco ferma il pestaggio sul detenuto Luigi Fumo" e che, "anche quando intima ai reclusi di volgere la faccia verso il muro, dai filmati si evince che è l'unico che prova a fermare i suoi colleghi che pestano". Ed è anche "l'unico - scrive sempre il gip - tra gli ispettori di quel Reparto", a non realizzare carte false ex post per coprire le spalle ai colleghi. Cioè: "A non sottoscrivere quella nota del 6 aprile in cui è stato falsamente rappresentato che i detenuti avevano opposto resistenza". Frasi che fanno da contraltare alle condotte di vertici, come il provveditore Antonio Fullone, che dinanzi all'autorità giudiziaria presenta relazioni e foto di cui - per i pm - conosce la falsità. E che servirebbero a giustificare surrettiziamente quelle violenze sulle cui indagini si è attivata la macchina del depistaggio da parte del comandante del Gruppo speciale Pasquale Colucci.

Così, Crocco è la anomala figura dell'indagato che guarda, che cerca di salvarne alcuni, che torna a guardare, che evita colpi a un altro, che si ferma accanto a uno che piange. E alla fine è bloccato da un collega che gli dice: pensa a te. Ha 52 anni e la famiglia nel Casertano. Crocco sembra ancora sotto choc per lo scandalo. La Procura aveva chiesto il carcere anche per lui, ma il giudice - pur di fronte alle accuse che restano gravi: concorso in torture, lesioni e maltrattamenti - ha attenuato la sua posizione disponendo l'obbligo di dimora. E l'ispettore ha reso una lunga dichiarazione spontanea al gip. "Ero molto provato - dice - perché questa vicenda non appartiene alla mia storia e al mio legame con la divisa, e perché, da cardiopatico, non riuscivo a reggere. In più occasioni, come gli atti dimostrano, ho cercato di evitare che i detenuti prendessero colpi".

Ma chi erano questi suoi colleghi? E perché agivano come picchiatori? Che ordini avevano avuto? "Erano determinati, questo posso dire". Interviene il legale: "Per rispetto della magistratura che sta compiendo accertamenti, Crocco ripete ciò che in coscienza ha voluto dire al gip". Ovvero: noi operatori di Santa Maria abbiamo visto arrivare i colleghi del Gruppo di supporto, (costituito anche da colleghi di Secondigliano e guidati da Colucci, ndr) e abbiamo saputo che si doveva procedere a perquisizione". L'avvocato Ferraro ricorda che "alcune vittime hanno testimoniato che l'ispettore Crocco in più casi li ha coperti o sottratti ai colpi".

Ma perché non ha denunciato? Aggiunge Ferraro: "Il mio assistito non può andare oltre. Ma è agli atti che mentre lui provava a evitare che alcuni venissero picchiati, alcune manganellate hanno colpito proprio Crocco. E alcuni gli hanno detto: fatti i fatti tuoi". Saprebbe riconoscerli? "No. Gli operatori provenienti dall'esterno avevano il casco integrale", ricorda l'avvocato. "No", ripete Crocco, inedita figura di quelle ore della vergogna, con la divisa dei picchiatori e il cuore a rischio delle vittime.