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di Michela Bompani e Cristina Palazzo


La Repubblica, 24 maggio 2021

 

Irregolarmente in Italia, era stato picchiato selvaggiamente da tre uomini con bastoni e spranghe, il video aveva fatto il giro della Rete: ma dopo essere stato dimesso dall'ospedale era stato portato al centro di permanenza per il rimpatrio di Torino. Si è impiccato con le lenzuola del suo letto.

"Io non riesco più a stare rinchiuso qui dentro: quanto manca a farmi uscire? Perché mi hanno rinchiuso? Voglio uscire: io uscirò di qui", sono le ultime parole che Musa Balde, 23 anni, originario della Guinea, ha detto al suo avvocato, Gianluca Vitale, venerdì scorso, nel Cpr, centro di permanenza per il rimpatrio, di corso Brunelleschi a Torino. Sabato notte, Musa si è tolto la vita, nella sua stanza nel cosiddetto "ospedaletto", dopo due settimane di isolamento sanitario.

Per impiccarsi ha usato l'unica cosa che aveva a disposizione, le lenzuola del suo letto: le ha avvolte a una struttura della stanza da bagno. Musa voleva uscire perché non capiva la sua prigionia, essendo vittima di violenza. Il video che lo ritrae rannicchiato a terra, sotto le sprangate feroci di tre aggressori italiani, a Ventimiglia, aveva fatto il giro del web. I tre sono stati denunciati per lesioni aggravate, ma la polizia aveva velocemente escluso l'aggravante razziale.

Nei mesi scorsi nei confronti di Musa, che aveva alcuni precedenti, era stato emesso un decreto di espulsione e poiché ancora irregolare è stato trasferito nel Cpr di Torino, dove è arrivato il 10 maggio, giorno successivo al pestaggio e dopo essere stato dimesso dall'ospedale di Bordighera con una prognosi di dieci giorni. Ieri mattina, gli operatori del centro, che non avevano notato nulla di strano nel comportamento del ragazzo, sono stati i primi a trovare Musa senza vita. Sul fatto indaga la squadra mobile di Torino.

Le condizioni psicologiche del giovane, invece, come denuncia il suo avvocato, erano preoccupanti: "L'ho incontrato due volte, giovedì e venerdì scorso - spiega Vitale - era molto provato ed era incredulo di trovarsi nel Cpr. Gli ho mostrato il video dell'aggressione, lui mi ha spiegato di essere stato picchiato mentre stava chiedendo l'elemosina.

Però finora è stata divulgata solo la versione degli aggressori, che denunciano un tentato furto di un cellulare. Quello che è sicuro è che non ha avuto assistenza psicologica adeguata, era palesemente molto provato. Gli sono state fatte firmare tante carte sulla sua espulsione, ma nessun atto riguardo alla violenza di cui è stato vittima. Non si dava pace di essere chiuso nel Cpr, non sopportava la reclusione".

A confermare la drammatica situazione in cui si trovava il ragazzo è Monica Gallo, garante per i detenuti del Comune di Torino e referente per il monitoraggio delle condizioni delle persone accolte nel Cpr di corso Brunelleschi: lo doveva incontrare domani e aveva già sottoposto il caso al garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personali, Mauro Palma.

"Musa era estremamente vulnerabile, sono addolorata - dice Gallo - Non ho ancora visto le carte, non so quante visite psicologiche e psichiatriche abbia ricevuto, ma quel caso doveva avere la massima attenzione, avevo sollecitato su questo la direzione del Cpr. Avevo contattato l'area migranti del garante nazionale proprio per capire gli aspetti cui porre più attenzione: da un punto di vista giuridico, Musa era la parte offesa di un procedimento penale".

E l'avvocato: "Adesso sto cercando di contattare i familiari in Guinea, potranno istruire azioni legali e difenderlo". E rimane l'immagine degli ultimi istanti del video del pestaggio: Musa è riverso a terra, i tre picchiatori fuggono e la voce di una donna si chiede, più volte, sempre più flebile, "Ma perché?"